Le incursioni di Pippo
Vivere con i tedeschi
Racconto di A. G. classe 1936
di Davide Cattani
Il 25 aprile 1945 io ero nel cortile con i miei genitori e ricordo che c’erano tante persone che correvano lungo la strada con le braccia in alto, che urlavano contenti: ”La guerra è finita! La guerra è finita!”. Al momento abbiamo festeggiato con loro, ma poi, niente di che, la vita era dura come il giorno prima!
Io avevo avuto uno zio in guerra, era andato in Russia. In realtà è tornato molto tempo dopo la fine della guerra, tanto che ormai noi lo credevamo morto.
Mio papà però era molto informato sulla guerra, perché ascoltava spesso la radio, mi pare “ Radio Praga”, una trasmissione russa. La ascoltava perché in Russia c’era suo fratello, lo zio Armando. Quando ci è arrivata la lettera della scomparsa di mio zio, mio papà è stato l’unico a non perdere la speranza di vederlo tornare… e aveva ragione!
Noi i tedeschi li avevamo in casa! La nostra casa era proprio sulla via Emilia, quindi capitava spesso che si fermassero i soldati per mangiare o per far riposare i cavalli. Non erano sempre gli stessi anzi, spesso ne arrivavano dei nuovi. La cosa peggiore è che volevano tutti essere trattati come dei re, soprattutto i comandanti. Quando si fermavano da noi pretendevano di dormire nelle nostre stanze e noi dovevamo trasferirci nella stalla, oppure eravamo obbligati a dormire tutti e dodici insieme in una stanza sopra della paglia. Noi però non parlavamo con loro, anche perché non ci capivamo, ma credo che anche tra di loro ci fossero i buoni e i più cattivi.
Noi ragazzi avevamo molta paura degli aeroplani. Ce n’era uno che chiamavamo Pippo e che arrivava di notte: se vedeva della luce sganciava una bomba. Questo è il motivo per cui dopo un certo orario c’era il coprifuoco e dovevamo spegnere tutta le luci.
La leva, cioè andare in guerra, era obbligatoria solo per alcune annate, come quelle del 1921 e del 1922. Mio padre fortunatamente era troppo vecchio, mentre lo zio Peppo, l’ultimo nato, era troppo giovane. Mio zio Gino invece, che era del ’22, sarebbe dovuto andare in guerra ma lui ha preferito disertare e si è nascosto nel nostro fienile. Se l’avessero trovato non so che cosa sarebbe successo, meglio non pensarci!
Noi non capivamo proprio tutto quello che stava succedendo, ma non ci attentavamo a fare tante domande perché avevamo troppa soggezione dei grandi.
Una volta un soldato tedesco, in cambio di non so cosa, aveva dato a mia madre un pezzo di tenda militare, quella verde e marrone. Mia madre ha fatto delle gonne per noi bimbe, ma io avevo molta paura a metterla; così quando incontravo nel cortile un soldato tedesco e avevo indosso quella gonna andavo a nascondermi nella porcilaia, perché avevo paura che mi portasse via.