Le incursioni di Pippo
La requisizione del rame
Racconto di E. V. classe 1928
di Agnese Scafuri
Durante la Seconda Guerra Mondiale io avevo dai dodici ai sedici anni e abitavo in un piccolo paesino vicino a Roma, Piazza di Pandola.
La notizia della fine della guerra non ci arrivò direttamente; lo capimmo da soli, non vedendo più militari in giro. I giorni seguenti furono più sereni, più tranquilli.
Mi ricordo che Mussolini aveva ordinato di privare tutti i cittadini dei loro averi in rame; gli servivano per fabbricare armi. E così fummo privati di tutto: pentole, padelle, tutti gli oggetti in rame. Molti paesani si ribellarono, persino mio padre con alcuni uomini del paese. Ma a quale scopo? Nessuno li avrebbe mai ascoltati. Nessuno.
Nel 1942 morì mia madre, per un problema di cuore, ma la guerra non l’aiutò affatto, anzi, peggiorò. In quel periodo non c’era nemmeno un medico disponibile.La trovai a letto in coma, una bella giornata d’aprile, ero appena tornata dalla festa dell’Incoronata che si festeggiava ogni anno in Paese. Mia mamma aveva tanto insistito perché io ci andassi e mi divertissi.
Pochi giorni dopo ci lasciò definitivamente.
Eravamo distrutti. Ma quella che non si riprese e si ammalò, fu mia sorella Maria; era affezionatissima a mia madre; aveva un animo sensibile e la guerra non la sopportava. La malattia peggiorò e ci lasciò anche lei, all’età di ventiquattro anni, nel bel mezzo della guerra, quando si sentivano solo bombardamenti.
Rimanemmo solo io e mio padre, ma anche lui mi lasciò poco dopo la fine della guerra, per vecchiaia anche se sarebbe vissuto di più, senza la guerra e la morte di mia madre e di Maria.
A scuola non ci sono più andata, aiutavo prima la mamma poi la zia, nei lavori di casa, andavo spesso al pozzo a prendere l’acqua.
E così fu la Seconda Guerra Mondiale, come l’ho vissuta io.