Le incursioni di Pippo
Un partigiano nella stalla
Racconto di G. F. classe 1934
di Tommaso Pagliani
Nella vallata di Castiglione a Villa Minozzo, dove vivevo con la mia famiglia, allora composta da me, dalle tre mie sorelle e i miei genitori, eravamo isolati dal mondo poiché l’unico mezzo di comunicazione era un telegrafo. Noi eravamo tra i pochi che non risentirono della fine della guerra, le poche cose che notavamo erano le continue incursioni dei partigiani su Reggio nell’Emilia.
Mi ricordo purtroppo della vita militare di mio padre, era il capitano di un battaglione, fu abbandonato in Jugoslavia davanti a una fontana poiché aveva preso una malattia: “tifo petecchiale”; di solito per quella malattia si moriva, quindi i compagni, credendo che stesse per morire, lo abbandonarono. Per fortuna fu trovato da un pastore che lo curò e, dopo un anno di assenza è tornato a casa in Italia, però passando solo per vie secondarie dato che non voleva essere scoperto dai partigiani che lo avrebbero ucciso senza pietà.
Rischiò molte volte di essere scoperto, ma ebbe sempre molta fortuna. Ricordo ancora di quella volta che mentre ero in cucina con mia madre a fare la polenta, la porta esplose ed entrarono i nazisti che senza dire niente presero tutto il cibo che vi era, ma per fortuna non guardarono nella cantina dove era nascosto mio padre; mentre pensavamo di averla scampata, uno di loro si girò e disse a mia madre: “Raus!”, mia madre mi diede tra le braccia mia sorella e poi andò in piazza; i tedeschi la inginocchiarono e le chiesero se c’era qualche partigiano nei dintorni, lei disse di no; e, come per miracolo la lasciarono tornare a casa.
Ma ho anche ricordi non troppo spiacevoli, come quella volta che a Natale, dopo la normale messa di mezzanotte incontrai un partigiano in una stalla, senza farmi troppo notare mi avvicinai e vidi che stava tagliando una mucca in fette; non essendo una spia nata fui scoperto, ma invece che cacciarmi, mi chiese: “Tu cosa mangerai stasera ragazzino?”, ed io risposi: “Credo che mia madre abbia fatto la polenta di castagne da mangiare”, allora lui mi disse: “Allora prendi questo come mio regalo di Natale”, e mi porse una fetta di carne grande tre spanne e lunga quattro, corsi a casa e quella fu la nostra cena migliore per tutta la guerra.