Le incursioni di Pippo
Le difficoltà degli spostamenti durante la guerra
Racconto di F. B. classe 1942
di Nicolas Bertoldi
Non ricordo nitidamente ciò che accade il 25 aprile del 1945, ero troppo piccolo. L’unico ricordo è quello di un soldato americano di colore che mi regalò una chewing gum. In quel periodo vivevo a Reggio Emilia in Viale Monte Grappa con mia madre e mio padre.
Pochi giorni prima della liberazione, mentre ero alla finestra con mia madre, avevo visto una persona che fuggiva inseguita da altri, presumibilmente partigiani, attraversando il viale della città: una volta raggiunto era stato ucciso a sangue freddo.
La notizia della fine della guerra mi era arrivata dai genitori che ne parlavano in casa, ma non capivo con precisione il motivo dell’euforia e della loro maggiore serenità.
Gli unici ricordi della guerra sono i rumori delle bombe che deflagravano a terra e io rifugiato in cantina usando come scudo i corpi di mia madre e della zia. Poi ricordo una pattuglia di americani che aveva portato una confezione di bottiglie di Coca-Cola in regalo; nessuno in casa poté però bere quelle bottiglie per almeno un anno per non consumarle. Solo in estate decisero di bere la Coca-Cola, ma essendo calda ed estremamente gassata, buttarono via le rimanenti bottiglie, sentenziando con stupore: “Ma che cosa bevono questi americani???!!!”
Ricordo che le notizie arrivavano tutte attraverso la radio, una radio in radica attorno alla quale si radunavano le famiglie per ascoltare le poche notizie che pervenivano dal mondo esterno. Il cibo scarseggiava: latte, pane, farina gialla, olio, zucchero e un po’ di carne erano forniti solo grazie a tessere annonarie che permettevano di ritirarne settimanalmente una esigua razione.
Ricordo che mangiavamo le “SCIAPELLE” (in dialetto reggiano) che era buccia della mela messa sulla stufa.
Ricordo i pezzi di “focaccia” che si ottenevano dai raspi, residui della spremitura dell’uva, pressati in formelle alte 5-6 cm. Tagliati a pezzi, ad opera solitamente dei bambini, venivano messi nella stufa per scaldare e cucinare con quella che era l’unica fonte di calore della casa.
In inverno poi, dentro alle damigiane di vino, veniva messa una mistura di acqua e calce dentro alle quale si conservavano le uova.