Social, ergo sum: percorsi per l’uso responsabile di internet
Questo blog è dedicato a tutti gli studenti che hanno approfondito con Antonio Soda il tema di internet e dei social network e vogliono far sentire la loro voce. Antonio manterrà aperto un dialogo con tutti quelli che vorranno rispondere ed esprimere un parere sulle notizie, belle o preoccupanti, che riguardano il nostro rapporto con la rete e i social e che lui condividerà su questa pagina.
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Per iniziare, riguardate il video: “I SuperErrori del web”
Un primo spunto di riflessione :
- CHE COSA SONO I DIRITTI UMANI? (guarda il video) http://it.humanrights.com/
Gli spunti per quest’anno (2017-2018) proposti da Antonio:
- http://www.ilpost.it/2017/08/30/gli-smartphone-hanno-distrutto-una-generazione/: un’analisi da parte di esperti (per capire meglio, leggi la Sintesi articolo Twenge)
- http://www.ilpost.it/2016/06/30/adolescenti-smartphone-internet/ :la vita di un’adolescente in simbiosi col suo smartphone
- http://www.huffingtonpost.it/2017/06/08/dare-ai-vostri-figli-uno-smartphone-e-come-dargli-un-grammo-di_a_22132196/ : una “provocazione”: lo smartphone è come la cocaina
- http://www.youtube.com/watch?v=2BXRGzjo1_Q : un video simpatico e “allegorico” di IKEA
Sono convinto che uno strumento, in questo caso lo smartphone, possa avere effetti positivi se usato in maniera responsabile. L’invenzione del cellulare è stata una grande svolta, anche perché se una persona ha bisogno di chiedere aiuto ai genitori,vigili o altre persone, può farlo in qualsiasi momento;ma, allo stesso tempo, lo smartphone dà accesso a molte applicazioni di cui spesso si abusa. Infatti, per me, “il grammo di cocaina” non sta nell’apparecchio, ma soprattutto nell’applicazione: ad esempio, la costante accessibilità a Instagram, Facebook o altre applicazioni che lo smartphone offre, creano una specie di dipendenza. Quindi credo che dando al figlio uno smartphone, bisogna dargli anche una certa educazione o meglio delle “istruzioni per l’uso” e delle raccomandazioni.
Ciao,
come tutte le cose anche i social network, internet e gli smartphone hanno degli aspetti negativi e aspetti posiviti. Nel nostro caso specifico dici bene quando parli di educazione e di istruzioni per l’uso. Sai anche, e lo abbiamo visto durante il progetto in classe, che questi strumenti hanno tanti aspetti che non sono di facile comprensione ed assimilazione. Quindi educarsi è anche questo, conoscere di più, conoscere meglio, non accontentarsi mai di quello che si sa, ma cercare sempre di andare a fondo e soprattutto leggere quali sono gli effetti su di noi. E’ importante non isolarsi e pensare di trovare da soli le soluzioni e le risposte. A cosa servono gli amici altrimenti?
A presto.
Antonio
Ciao Antonio,
Sono rimasto molto colpito dal secondo argomento, quello della ragazza in simbiosi con il suo smartphone. Una parte mi ha fatto specialmente impressione perché la ragazza lascia spazio libero alla sua vita sociale solo quando è agli allenamenti di basket e rimane “isolata dai social”. Però, in un certo senso, riesco a comprendere Katherine, perché da piccola ha perso la madre e suo padre, facendo l’avvocato, non riesce a passare molto tempo con sua figlia e lei trova “casa” nei social, facendosi apparire “perfetta” . Anche se il pezzo che veramente mi ha lasciato a bocca aperta è stata la parte in cui Katherine, uscendo dalla scuola, sale sull’auto e, nel giro di solamente 12 minuti, apre e chiude le app. senza staccare lo sguardo dallo schermo. Io parlo da ragazzo di 12 anni e personalmente penso che gli smartphone siano molto utili, perché sono mezzi di comunicazione, peró quando si confonde il digitale con la realtà, si tende ad usare lo smartphone anziché passare una serata organizzata da tempo con degli amici
Ciao Spillo,
hai detto bene non bisogna fare confusione tra il digitale e quella che chiami vita reale (anche se per Katherine, e non solo, lo smartphone è vita reale, molto reale!). Pensa al significato della parola confusione: fusione con, tutto si fonde, tutto diventa una massa uguale, irroconoscibile. La confusione rende difficile capire cosa sta accadendo. Prova a pensare quando c’è confusione nella tua classe! Questo ci dice che è necessario fare chiarezza. Hai elencato quali sono i possibili motivi per cui Katherine ha scelto di vivere in questo modo. In questo caso sono evidenti. E’ evidente anche il fatto che non sia semplice darle motivazioni alternative, proprio perchè sui social ha trovato uno spazio di espressione estremamente positivo e appagante per lei: quindi chi glielo fa fare di togliersi? Anzi lo userà sempre di più, perchè a tutti noi piace essere apprezzati, considerati e ascoltati, anche sui social,
Allora fare chiarezza è capire che non esiste solo quel pezzo, che magari quello che vediamo di altri o che facciamo vedere di noi, non è poi così autentico, ma finalizzato ad ottenere qualcosa in cambio (like, approvazioni, commenti positivi, popolarità). Riconoscere si, come dici tu, utilità all’oggetto smartphone, ma ancora più importanza alla serata organizzata con gli amici. Nella serata ci potranno essere anche gli smartphone, la televisione, la playstation ecc. ma il momento più bello, il significato più bello è che sto passando del tempo con persone a cui voglio bene. Se metto al primo posto questa cosa, se tolgo questo aspetto dalla confusione generale, allora il resto diventa solo di contorno.
A presto.
Antonio
Caro Antonio,
Io ho scelto il secondo articolo perché è quello che mi ha colpito e sconvolto di più, osservando la vita, intorno al telefono, di questa ragazza.
A Katherine è stato dato il telefono in quinta elementare, quando ancora nessuno della sua classe lo aveva.
Da quel momento lei buttò via tutti i giocattoli, il suo monopattino e diede la sua casetta alle sorelle più piccole.
Tenne solo il suo skateboard, perché era ritenuto molto cool dai compagni.
Lei usa molto il dispositivo, perché si sente protetta, sempre in comunicazione con gli amici e sempre aggiornata sulle novità e gli argomenti del momento.
Non si accorge però che il tempo passa in fretta.
Katherine, prima di avere il telefono, andava con gli amici, passeggiava e stava in contatto con la natura.
Ora, per parlare e rimanere in comunicazione con gli altri, usa soltanto il telefono.
Dare il telefono a ragazzi di 12-13 anni è abbastanza giusto, se comunque riescono a mantenere dei limiti di tempo sul dispositivo.
Avere 13 anni, per me, non significa assolutamente ignorare i genitori,i fratelli e gli amici, sostituendoli con il telefono.
Secondo me basta solamente cercare di utilizzarlo il meno possibile e in momenti opportuni.
L’importante è rimanere con coscienza nella vita reale.
Ciao Beaaa,
grazie per il tuo post. Leggi la mia risposta al post di bsm05 (questi nickname!!! non capisco chi siete così), penso che possa andare bene anche per te.
Aggiungo solo una cosa: quando dici che è necessario cercare di utilizzarlo il meno possibile, dici una cosa giusta e ovvia. Ma bisogna mettersi nei panni, in questo caso di Katherine e capire anche che per lei non è affatto così. Per lei è diventato fondamentale, è con lo smartphone che mantiene vive le sue relazioni. Questo dobbiamo considerarlo sempre, ci serve per capire meglio la situazione e di conseguenza studiare quali possono essere le soluzioni. Sempre partendo dalla persona e non dall’oggetto, da Katherine e non dallo smartphone. Farle sentire veramente che c’è qualcosa o qualcuno di più importante. Questo non significa farle abbandonare l’utilizzo ma ristabilire delle priorità su ciò che conta di più e ciò che conta di meno e vedrai che se così diventa veramente, il telefono lo userà di meno e meglio.
A presto.
Antonio
L’articolo che descrive una giornata di Katherine mi ha stupito fin dall’inizio, perché la ragazza interagisce con gli altri solo attraverso il cellulare; è talmente impegnata a guardare applicazioni sul suo iPhone che non saluta neanche la ragazza alla pari, che è venuta a prenderla a scuola. Però ho notato che non è solo lei a fare così: l’articolo dice che anche alcuni suoi amici si comportano nello stesso modo.
Katherine cerca sempre l’approvazione di follower attraverso like e tbh : per me è insensato che qualcuno che non ti conosce ti valuti, basandosi sulle foto che metti on-line, che ovviamente sono solo le migliori! Arriva perfino a cancellare le foto che non sono considerate abbastanza belle dagli altri , dando così enorme importanza al giudizio degli amici online. Anche nella realtà comincia a comportarsi così, tenendo solo le cose considerate cool, che la fanno sentire più grande, perdendo la sua identità. Katherine è talmente influenzata da internet che pensa di fare una dieta di cui non ha bisogno!
Probabilmente Katherine si rifugia nel cellulare perché è lasciata molto a sé stessa dopo la perdita di sua madre: suo papà non sa come aiutarla, prova a interagire con lei, ma la ragazza è isolata nel suo mondo virtuale.
Anche io uso il telefono ma non credo di esserne così dipendente: penso sia più divertente invitare le amiche a casa mia e uscire in giardino a giocare, anche se purtroppo ho notato molti miei amici avere comportamenti simili a quelli di Katherine. Molte volte mi capita di stare con qualcuno che, mentre ti parla, guarda il telefono, e non è per niente piacevole!
Ciao,
direi che hai le idee molto chiare rispetto a questi argomenti e quello che dici indica anche che hai già fatto una scelta e io la condivido anzi, metto mi piace!! La storia di Katherine ci racconta quello che potrebbe diventare un tipo di relazione sballata con lo smartphone e ci dice che tutte le forme di dipendenza da un oggetto o peggio da una sostanza, condizionano la vita di chi ne soffre. E’ evidente che il telefono manifesta un disagio più profondo del quale bisogna occuparsi. Tu fai bene ad incontrare i tuoi amici, a passare del tempo con loro. Queste dimensioni relazionali sono fondamentali e devono diventare significative, cioè restituire un senso per la nostra vita. Non c’è miglior antidoto ad una dipendenza, di una persona che ti ama.
A presto.
Antonio
Ho scelto l’articolo della Twenge perché e molto interessante, ma ci sono anche cose su cui non sono d’accordo. Un tempo l’uso della tecnologia era nullo, invece adesso la percentuale d’utilizzo dell’elettronica è molto alta. Noi adolescenti, però, dovremmo capire che la vita andrebbe vissuta ad occhi aperti, e solo nei momenti di pausasi dovrebbe utilizzare l’elettronica…E’ bello respirare all’aria aperta, trascorrere tempo con gli amici senza l’uso dello smartphone e fare i compiti senza avere l’ansia di quanti messaggi ti sono arrivati . A parer mio, come la definisce la Twenge, la crisi mentale degli adolescenti riguarda tutti. Io uso la tecnologia moderna, forse anche un po’più del dovuto, ma nonostante ciò riesco a portare avanti lo studio con impegno, i rapporti di amicizia, lo sport e molte altre cose, anche senza essere “schiavo” della tecnologia.
Ciao Dybala
non sapevo frequentassi la scuola media di Albinea? Come fai con la Juve e gli allenamenti?
Rileggiti la risposta che ho dato a mavi2005, in parte risponde anche a te.
Il discorso sulla tecnologia: un tempo ce n’era di meno sicuramente, ma comunque era tanta lo stesso. La mia generazione è stata la prima che, oltre alla televisione, ha iniziato ad avere computer, video game ed altre “diavolerie” tecnologiche. Anche allora noi giovani, ci sentivamo invasi dai commenti negativi o che prevedevano chissà quale disastro umanitario! La differenza sostanziale con la situazione attuale è questa: una volta per usare un computer, un gioco dovevi entrare nella stanza dove quel dispositivo si trovava. Una volta terminata l’attività spegnevi il dispositivo e facevi altro. Soprattutto il dispositivo rimaneva lì dove lo avevi usato, non lo mettevi in tasca e lo portavi con te per tutto il giorno!!! Era più semplice per noi perchè c’era uno stacco netto tra noi e la tecnologia: quandi si usciva non c’era. Sono contento quando dici che riesci a gestire la tua vita senza risentire troppo della presenza dello smartphone, ed è proprio così che bisogna fare: trovare per lui una collocazione giusta che non vada a sostituirsi ad altre cose, soprattutto agli affetti.
Dybala segna per noi!
Antonio
Ho scelto l’articolo della psicologa J. Twenge perchè ha suscitato il mio interesse.Il titolo mi ha colpito molto,perchè è molto forte,ma mi sembra eccessivo parlare di una generazione distrutta.Sicuramente gli Smartphone hanno rivoluzionato la nostra vita ma non credo che le conseguenze siano solo negative. Mi identifico in alcune caratteristiche della generazione Igen,ma in altre proprio no. Ad esempio sono convinta che gli adolescenti Igen passino gran parte del loro tempo libero al cellulare. È vero anche che i ragazzi hanno comportamenti molto simili.Tutti possiedono un cellulare,spesso costoso,indipendentemente dalle possibilità economiche della famiglia. È evidente che avere un cellulare è considerato indispensabile.Un punto che invece non condivido é che i ragazzi si sentono più al sicuro nella loro camera e che abbiano meno relazioni affettive. Io vedo adolescenti che escono,fanno sport e incontrano gli amici. Controllare l’uso di questo mezzo non è facile,ma sicuramente stabilire dei limiti di tempo quotidiani è indispensabile.
Ciao,
anche a me sembra eccessivo parlare di una generazioni distrutta e come dici tu quest’analisi non può essere lo specchio di tutti i giovani. Non accettate mai queste generalizzazioni: correte il rischio di essere rinchiusi in recinti che non vi appartengono, che limitano il vostro essere giovani. Lo smartphone ad oggi è tutto tranne che un telefono, è un’esigenza per tanti motivi, anche relazionali nel vostro caso. Quello che dici sui i ragazzi che si sentono più sicuri nella loro camera, avviene perchè noi adulti vi abbiamo detto che fuori c’è un mondo mica tanto bello ed io genitore non ti lascio uscire con tanta facilità. Il vostro rimedio a questa contrazione di uno spazio sociale, è stata quella di far diventare lo smartphone lo strumento che in prima battuta mi connette a tutte quelle persone che, per vari motivi, non può essere qui presente con me. Quindi se lo smartphone per voi giovani è uno strumento relazionale, avete il dovere di approfondire la conoscenza dei social e delle loro dinamiche e di imparare un uso sano e intelligente del vostro dispositivo.
A presto.
Antonio
Ciao Antonio ,
l’argomento che mi è piaciuto di più è quello in cui la giornalista Jessica Contrera racconta la vita dell’adolescente Katherine Pommereing e la sua malattia per l’iPhone.La maggior parte dei ragazzi tra i 13 e i 19 anni passano moltissime ore sui cellulari o sui computer perché dicono che lì c’è il loro mondo ,la loro vita,e vorrebbero passare il resto della vita sui social network. Però, passando le proprie ore sui cellulari/computer, si trascurano (e anche molto) le cose più importanti . Al giorno d’oggi una buona parte dei ragazzi passa addirittura ore ed ore sul telefono senza rendersene conto .
Grazie mille!
Ciao Sofia,
in effetti è vero che dentro allo smartphone c’è la vostra vita. Se provi a fare un elenco delle cose per cui lo utilizzi lo capirai. Prendi carta e penna e provaci! Ti accorgerai che in questo “scatolotto” di pochi centimetri c’è la tua musica, le tue applicazioni, le persone che segui, le tue foto e soprattutto i tuoi amici (continua tu la lista). Ne abbiamo parlato anche durante il progetto; chi passa troppo tempo attaccato ai social network, manifesta un disagio: sto sui social perchè non ho delle relazioni che mi soddisfano e non sono neanche disponibile a mettermi in gioco per migliorarle. Allora mi trasferisco sui social, posso apparire sempre al meglio e in qualsiasi momento ci sarà qualcuno che mi dira: mi piace! Ecco perchè ho bisogno di tanti amici on line, perchè così non corro il rischio di rimanere da solo/a. Ma questo ha un prezzo, per ottenere successo, notorietà, popolarità come dite voi, bisogna in un certo senso “vendersi” o “svendersi”? Si trascurano le cose importanti, ma abbiamo chiaro quali sono le cose importanti per noi? Ti lascio con queste domande.
A risentirci.
Antonio
Leggendo l’articolo della Twenge, sono d’accordo col fatto che la tecnologia oggi occupi un ruolo importante nelle nostre vite, sia nel mondo di noi ragazzi che in quello degli adulti.
Compito fondamentale dei genitori è quello di ritagliarsi del tempo da poter dedicare ai figli, soprattutto occorre che loro vigilino su di noi. Capisco che i grandi siano presi da mille cose, sempre di corsa ed impegnati, ma la mia esperienza mi insegna che gli adulti possono comunque seguire i propri figli ed essere guide importanti per loro. Per esempio i miei genitori, anche se in casa abbiamo parecchi strumenti tecnologici, mi concedono poco di usarli e quando lo faccio vigliano su di me.
Non sono d’accordo però, quando si dice che i giovani d’oggi sono tutti depressi e preferiscono chiudersi nelle loro camere piuttosto che uscire a divertirsi. Dal mio punto di vista non la penso così, nel senso che se ne ho la possibilità e se ho finito tutti i compiti, ne approfitto per vedere i miei amici. Per me il telefono non è affatto indispensabile, certo è uno strumento che mi permette di stare in contatto con i miei amici, ma preferisco di gran lunga uscire ed incontrare persone, piuttosto che stare seduto davanti a uno schermo. È vero però che alcune persone che faticano a relazionarsi con gli altri, trovano un rifugio nella tecnologia, un modo per evadere dal mondo reale in cui hanno difficoltà ad inserirsi. In fondo però, non credo che i ragazzi d’oggi siano così male come li descrive l’articolo. È vero che, rispetto ad un tempo, abbiamo a disposizione molti più mezzi e forse dovremmo imparare ad usarlo con più moderazione, ma in fondo non siamo così terribili.
Abbiamo comunque una gran voglia di vivere, di avere relazioni e di divertirci. Siamo sempre alla ricerca di autonomia e se dormiamo meno è solo perché abbiamo mille cose da fare. Insomma forse basterebbe che gli adulti guidassero i figli con molta attenzione e non li trascurassero. Perché in fondo in ognuno di noi c’è molto di buono.
Ciao,
condivido tutto quello che hai detto, hai fatto un’analisi completa. Concordo anche sul fatto che noi genitori, noi adulti in genere, siamo poco presenti. Ti assicuro e te lo dico da padre, che non è facile questa situazione. Anche a me piacerebbe aver più tempo da passare con i miei figli, con mia moglie, ma all’interno della struttura sociale attuale, è molto faticoso ritagliarsi questi spazi. Penso anche che per questi motivi lo smartphone abbia assunto un ruolo importante. A volte i genitori considerano lo smartphone come una loro prolunga: in qualsiasi momento io posso sapere dove sei, posso sentirti, posso mandarti un messaggio e tu puoi fare altrettanto: siamo genitori avatar! Sono contento anche che tu abbia sottolineato che i giovani di oggi non sono come gli adulti li disegnano. Accade spesso che noi adulti abbiamo dei pregiudizi nei vostri confronti. Se poi pensiamo al poco tempo che abbiamo, rischiamo di perdere dei pezzi e limitarci al dialogo, al confronto sulle cose che noi adulti consideriamo importanti. In realtà la nostra domanda “come è andata oggi?” quando rientrate da scuola ha tanti significati e tante richieste. Non voglio sapere se oggi hai preso un bello o un brutto voto, se ti hanno interrogato, se hai fatto la verifica… ma anche se se sei stato bene con gli altri, se sei sereno, se sei felice, se la scuola è un luogo che davvero puoi aiutarti a crescere a diventare grande, se hai imparato delle cose significative per te, se hai trovato qualcosa o qualcuno che ti ha entusiasmato, meravigliato. Come dici tu il problema non è lo smartphone perchè possiamo gestirne e concordarne l’utilizzo insieme, ma la mancanza di fiducia e sopratutto il rischio di giudicare le cose senza conoscerle a fondo. E questo può accadere anche tra le persone. Il buono di cui parli al termine del tuo intervento, non credo che sia in fondo, ma è la caratteristica principale di ogni giovane, cosa che spesso noi adulti dimentichiamo.
A presto.
Antonio
Karherine è una tredicenne in “simbiosi” con il suo telefono. Da quando era in quinta elementare, degli avvenimenti molto tristi l’hanno costretta a crescere in fretta. Ha perso la mamma da un anno circa; per non sentire il dolore di questa grave perdita, si è rifugiata nei “social”, per avere l’approvazione delle altre persone attraverso i “like”. Anche se è molto brava a scuola, infatti, in questi ultimi anni è diventata sempre più insicura, a causa della mancanza della madre.
La storia di Katherine mi ha colpita molto, perché ciò che é accaduto a lei, potrebbe capitare anche a me, in qualsiasi momento.
Se questo dovessd succedermi, spero di avere la forza di non rifugiarmi solo in una “realtà virtuale” ma di poter confidare il mio dolore a qualcuno di cui mi fido, che mi voglia bene, mi consoli e mi aiuti a superare la sofferenza.
Ciao,
hai detto tutto con la frase finale: “confidare con qualcuno (non solo il tuo dolore aggiungo io ma anche le cose belle) di cui mi fido, che mi voglia bene, mi consoli e mi aiuti”. In questa frase c’è tutto: se diamo a queste cose la priorità non dobbiamo avere paura di nulla. Il nostro lavoro è quello di trasformare quel “qualcuno” in una persona in carne ed ossa, un nostro amico, un genitore, un adulto di riferimento. Ti assicuro però che non è un processo automatico, neanche un processo veloce. Richiede in primo luogo la nostra disponibilità, poi la pazienza (che non è una virtù dei social network o degli smartphone!) e a la cura di questa relazione giorno per giorno, attimo dopo attimo, senza dare nulla per scontato. Occorre scegliere quotidianamente il bene dell’altro che, di ritorno è anche il tuo bene. Perchè l’amicizia, l’amore hanno bisogno sempre di essere condivisi (ricordi quando abbiamo fatto il progetto in classe: dividi con?) perchè altrimenti non esistono o diventano altro.
A presto.
Antonio
Mandy Saligardi, nella frase:”Dare ai vostri figli uno smartphone è come dargli un grammo di cocaina”,vuole dire che è molto pericoloso l’uso del cellulare ma, secondo me, le droghe sono di gran lunga peggio perchè portano a stati emotivi di non-controllo. Anch’io, essendo in questa fascia di età, mi sto accorgendo che sempre più bambini anche delle prime classi delle elementari possiedono un cellulare personale.Per me dare ai bambini piccoli un cellulare è il primo grande sbaglio che si fa, perchè, soprattutto quando si è piccoli(ma anche alla mia età), bisognerebbe avere più contatti umani e con la natura, invece di dialogare solo attraverso lo smartphone.Sono d’accordo con Mandy che i ragazzi o le ragazze cercano di farsi notare molto di più, non con il contatto umano, ma solo attraverso il cellulare.Sono sempre d’accordo che per fermare questa “epidemia” ci voglia molto autocontrollo, ma anche i genitori sono responsabili e debbono agire per limitarne la dipendenza.
Ciao,
il paragone tra smartphone e cocaina, sicuramente colpisce e deve far riflettere. Ma consideriamo anche questa differenza: lo smartphone puoi imparare ad usarlo responsabilmente e in un modo corretto, le droghe no, non esiste la sniffata di cocaina responsabile e/o corretta. Però sono da valutare gli effetti che un uso sprovveduto dello smartphone può avere e sono equivalenti a quelli che danno le droghe. Allo stesso modo portano ad una dipendenza: non puoi fare a meno di quella sostanza e nel nostro caso dello smartphone. Ecco quando entra in campo un servizio come quello dell’articolo che hai letto. Dobbiamo sapere noi adulti, dovete sapere voi giovani, che è un rischio che si corre. Ma vedo anche, per esperienza diretta maturata col mio lavoro, anche che voi giovani avete tante risorse e tante alternative a questi rischi. Purtroppo abbiamo tutti l’inclinazione ad enfatizzare gli aspetti negativi dei fenomeni che osserviamo, e da questi trarre delle conclusioni che sono comunque parziali, cioè non comprendono tutto. Se un ragazzo, una ragazza diventa dipendente dallo smartphone, dobbiamo chiederci: perchè succede? Perchè lo fa? Solo perchè, come dici tu ha bisogno di farsi notare? E perchè ha bisogno di farsi notare? Perchè forse nessuno li nota? Perchè non si sentono accolti, capiti? Perchè forse quello è il suo obiettivo: la notorietà, la popolarità? Come vedi tante domande che giro a te e alla tua classe come spunto di riflessione. Dovremmo imparare a farci delle domande e a riflettere su di esse, invece di arrivare a conclusioni parziali, affrettare e a volte sbagliate. Bisognerebbe ritrovare la capacità di analizzare fino in fondo ogni aspetto che ci riguarda, senza ricorrere all’urgenza o all’emergenza (parli di epidemia). Ognuno nel suo campo, genitori, figli, professori… ognuno col suo compito e riprendiamo, come scrivi tu, i contatti umani che significano attenzione, ascolto e accoglienza dell’altro.
A presto.
Antonio.